LE TESSITRICI DELLA STORIA

 

di Maria Gloria Grifoni

 

 

PENELOPE

 

 

VOCE

 

Nessuno vuole svegliare Penelope, quel sonno che la avvolge e la incatena,

 che la riporta indietro alla sua giovinezza quando non esistevano guerre, assenza di dolori, pene, Proci.

Atena le getta sulle palpebre l’incanto di Ermes. La visitano i grandi sogni, le annunciano la salvezza di Telemaco e il ritorno di Ulisse.

Ma Penelope conosce il morso dell’insonnia, strazi, intollerabili rimpianti, incertezze, dolori che nella veglia non può sopportare.

Di notte disfa la tela che il giorno tesse e nella trama la sua voce…

 

 PENELOPE

 

Nessun uomo è privo di un nome. Dimmi la terra e le genti e la tua città.

Dì, perché piangi? Hai conosciuto l’angoscia?

Parlami, io rinnego il tempo: il tempo è un dio senza maschera, per me inizia l’esilio

e io come ogni essere mi trovo divisa tra il semplice vivere terrestre e la sua origine.

Striscio la vita con la faccia nella terra e con le radici oscure di una società muovo le mani su fili invisibili.

Mi vogliono fedele! Calpesterò radici e labirinti.

 

 VOCE

 

Penelope… Penelope… Penelope… viola il tuo sonno, dimmi quanta morte c’è nella tua vita.

 

 PENELOPE

 

Io vorrei sentire i battiti della notte come il cuore dell’eterna madre terra,

ma il mio cuore è vuoto, corre incontro all’ombra e si accorda con il tempo delle tempie.

Vedo tacchi a spillo e litanie. Vorrei violare, vorrei nuda avere un parassita sulla pelle.

Sì… mento a voi, a me stessa, perché ora conosco la mia condanna. Ho visto nascere la parola, l’astuzia, il maestro!

 

 VOCE

 

Non dirmi che sarò per te la peggior tortura?

Eccomi, sono qui, devo scendere ancora più in basso, ma vita e morte sono chiamate a vivere.

 

PENELOPE

 

Che la radice dell’Occidente sia speranza della Nuova Legge e si costituisca in Passione che presieda alla storia?

Vedo corpi dilaniarsi e noi parliamo di legge, leggi;

il potere sembra appartenerci per diritto?

  

VOCE

 

Uscire, uscire da qui, sono venuto perché credo che la verità sia quella cosa che gli dei ci gettano quando ci abbandonano.

  

PENELOPE

 

Il mio presunto lutto mi ha portato la canzone dell’acqua e quella musica non appartiene a nessuno.

Le mie braccia cadono per incanto come scenica storia della distruzione: chi ha nutrito capezzoli di tradimento?

Sento il latrare di anime, tesso il potere, il potere è solo umano!

Maschere attraversano la vita, la terra risponde a pareti d’aria, risposte fatte d’abuso dei giorni.

Vecchi proni pregano, negano, masticano bestemmie, fanti e dame in una partita a scacchi

fanno parte di una corte dove l’eterna scommessa è fra il bene e il male.

Abbasserò per voi la cortina di Ulisse, dividerò lo spazio e il dubbio si specchierà nell’essere tempo.

 

 VOCE

 

Un giorno mezze ombre danzeranno origine e segno.

Nella corsia umana si respirano gli spessi muschi della mente.

 

 PENELOPE

 

Vorrei dipingere la perfetta immagine del Paradiso degli aspetti.

Ho atteso confusa nella storia e sotto alte resine ho dormito sotto il peso di un altro corpo,

volta al delirio di un amore sconsacrato. Il corpo ha una sua storia aldilà dell’anima.

 

VOCE

 

La vita è fatta di comparse, gli dei hanno dimenticato questa terra o solo giocano con i passi naufraghi di un giorno?

 

 PENELOPE

 

Il potere ha i suoi filosofi, squali che si nutrono senza riserve.

…Ma ecco che gli dei si preparano al banchetto; lì ambizione e dovere hanno il ruolo di un’olimpica follia.

Solo “Nessuno” ha compreso che assenza e presenza sono un’equazione storica.

                              

CORO

 

Le muse hanno la loro scena,

la storia sfugge ai canoni del racconto,

ma il sacrificio fa parte della generazione:

nel dire si trascina il nostro tempo.

 

 PENELOPE

 

Sull’ombra delle tombe madri mogli piangono. Omero ha portato l’esperienza della liquidità.

Io Penelope ho sentito come mosaico quelle ancelle di una filastrocca.

 

CORO

 

Scegliete la più bella ma la sorte le ha già scelte!

  

VOCE

 

Fermati ! Omero ha omesso i pensieri segreti.

Le dodici fanciulle lunari hanno celebrato l’orgiastico rito della fertilità.

Ed ecco che ricompare la parte oscura della luna, che si rispecchia nel sangue come purificazione.

  

PENELOPE

 

Le nostre ombre si allungheranno, diventeranno palcoscenico, danzeranno, diventeranno argine e segno.

Sentirò il battito degli uccelli nel cielo e vivrò la cortina di un sogno.

Il mio telaio tesserà al banchetto della notte il proprio doppio e il corpo dell’amnesia.

Ho cercato il suo volto come una trama vissuta e nella latrina della storia ho sentito il suo orecchio ascoltare la storia.

Ora che sono morta so tutto, ho raggiunto la condizione dei senza labbra: confonderete il mio bisbiglio con il vento

… Vi prego parlatemi… ditemi: anche io sono stata! Voi chi siete?

 

 CORO

 

Tradussero il nostro istante in tessuto sociale:

nell’aria appese noi respiriamo…

Qui solo ombre, echi…

 

 PENELOPE

 

Signore, smettetela di dare spettacolo! Toglietevi quelle corde dal collo! Sedetevi! È scritto qui, in questo libro: le ancelle furono stuprate !

 

 CORO

 

E… il Grande Re

con l’arco della Grande Madre

con una freccia ha attraversato

le scuri del rito della vita e della morte.

 Lo scopo:

dimostrare il suo potere sulla vita di lei.

 

L’impiccagione ha avuto luogo,

ma siamo noi, le dodici ancelle,

le dodici fanciulle della luna,

a penzolare nel vuoto

e non quel pene patriarcale.

 

Come dice, Signore?

Sì è esatto, i mesi lunari sono tredici,

quindi avremmo dovuto essere in tredici,

la tredicesima era l’incarnazione di Artemide

la nostra somma sacerdotessa:

Nient’altri che lei era, infatti, la regina Penelope!  

 

 PENELOPE

 

Parlatemi… ditemi… Anch’io sono stata tessuta in un sudario, l’acqua è tornata a essere il mio elemento.

Un grande occhio spalancato su chi diventò maestro d’inganni.

Ed eccomi al commiato: versatemi del vino sulla tomba e ditemi, vi prego, che mai nei secoli la sostanza è mutata.

Così io sono… restata vergine e tuttavia sposa… vergine e tuttavia madre, e la mortalità si è mescolata con l’immortalità.

Così resterò donna virtuosa.

 

Presto! Riprendiamo i corteggiamenti

io, dal canto mio, darò vita ai lamenti.

 

 

CALIPSO

 

 

VOCE

 

Non vi sono in questa isola… luogo, invocazioni, non vi sono né dèi, né uomini, né esiste oltretomba.

Troverete gli archetipi dell’immaginario. L’uomo del tempo che ad esso viene sottratto.

Qui non arrivano i rumori della storia ma una sospensione della sorte.

Vita e morte rendono tutto malakos, “fecondità”.

 

CALIPSO

 

Dietro di me un terrore ubriaco.

Il vicolo cieco del mistero tesse, parla, dà alla parola l’ombra

e una marionetta chiede al suo teatro la proiezione articolando immagini.

Quel grande cimitero sotto la luna ha un prezzo e le parole vi appariranno vuote.

Ma l’uomo uccide, e nell’impulso cancella il fine…

Resiste la verità dell’attimo, che come un’altalena mostra la sua fame, radicandosi.

Se messi uno di fronte all’altro due specchi, riflettendosi rileveranno il vuoto,

ed ecco che io afferrerò ciò che in me restava inespresso.

Se potessi vedere il punto cieco del mio occhio, vi troverei la tenebra in cui i mistici dicono che abita il Dio.

  

VOCE

 

Il mio volto si contrae, s’inoltra, e sprofonda, si accorge di non aver nulla da esprimere, arretra alla ricerca della propria cecità.

 

 CALIPSO

 

Io renderò immortale Ulisse, lo sottrarrò al suo ostinato darsi tempo.

Oh, solitudine… così terribile è il patto a me concesso.

Governare nascosta e di nascosto.

 

 VOCE

 

Ha la voce di un titano, la modula, canta, nasconde la sua forza,

in quella maschera dove l’odore del cedro, della tuia mi riportano a luoghi lontani, dove gli umori hanno essenza.

  

CALIPSO

 

Ulisse… noi ci apparteniamo, noi segmentati respiriamo l’invasione delle foglie: cos’è morire?

Sul fondo l’acqua è nera come tomba. Ulisse senti… sono loro prima ancora che vengano a morte.

 

 CORO

 

Dovete seppellirci degnamente.

Versare il vino sulle nostre tombe.

Pregare affinché ci perdonino.

Siamo una lunga corda, fatta di dodici donne.

Con la punta dei piedi sfioriamo il terreno.

Vi seguiamo come un filo di fumo.

 

 VOCE

 

È scritto proprio qui, nel libro: adesso leggo! Circuite, stuprate…

 

VOCE

Non hanno chiesto il permesso a Odisseo!

 

 CALIPSO

 

Nelle onde del mare consumerò il racconto, il segreto sarà tra noi

e il nostro verso sospeso nel vuoto convocherà le ombre: la mia è una morte che non ha luogo.

Il lenzuolo dei volti tra le dita serrerà le trame e in una conchiglia ripeterò come soffio il tuo nome

e la schiuma attraverserà i miei passi cancellando le ore, le orme, il tempo.

Io voglio sfogliare le pagine della tua vita e in quella trama ripetere: “Mondo, tenebre, mia ombra”.

Tornerò a dire: “Luce” quindi “parole”; “vertigine” quindi “parole”.

 

Vorrei chiamarti con questa antica voce, che le epoche hanno reso scienza

e con gli uccelli tessere un filo, che non sarà quello di Arianna…

Testimone delle falde dell’anima vorrei porre sulla mia fronte un velo

per non vedere quel processo di assenza in quel cancro che ha portato al processo della specie.

Piangerò con te NESSUNO! Io… prediletta dell’ordine oscuro.

 

 

 

ELENA

 

 

ELENA

 

Io, Elena… io, l’adultera, io, perdonata…

C’è qualcosa in noi che va perduto nella cieca volontà del nostro tempo di essere a ogni costo epoca.

Lacererò in un rosario di colpe ventri materni, che partorirono patria e numeri

e ascolterò all’interno della notte ricordi armati di una processione e gli echi saranno usati come “visti".

Ecco… vengono… le trame firmano la sopravvivenza di Psiche.

 

 CORO

 

Sospese vivremo un respiro, un nome,

occhi e mani ripercorreranno

il tattile destino della sopravvivenza,

noi destinate.

L’eroe non arriva, la morte è il nostro fato.

Se fossimo state… non ancelle

avremmo fatto il gioco delle dame!

  

ELENA

 

Preparatevi a vivere nel tempo in una maschera dove ogni volto ha una parola inespressa

e nel volto del morto non c’è più traccia di ciò che non è stato vissuto.

Gli uomini gravidi di futuro passeggeranno sui cimiteri tatuando un messaggio da un’alba all’altra.

È terribile pensare che la nostra vita sia un racconto fatto di intrecci, dove la decomposizione ha la sua parte

e nella polvere dei secoli altre reti, altri magneti, altre vite si leveranno in altre pagine, dove la ragione

ha continuato a essere e l’icona non ha terminato il suo dire.

 

CORO

 

Ditemi: di quale libertà disponevamo,

qual’era il cammino che ci avevate tracciato,

appese all’ultimo sogno

ci incontreremo un giorno

in un’altra terra

e dipingeremo le falde dell’anima,

ma nel paradiso

non ci saranno scene: solo acrobati!

  

ELENA

 

Nella corsia degli innocenti voi siete!

  

VOCE

 

Giocheremo nelle onde e la terra ci farà l’inchino,

il suono delle voci sarà assente e nel diaframma un archivio fatto di nessun corpo,

e il fascino della crudeltà avrà un nome: NESSUNO.

 

 ELENA

 

Tesserò la mia vita, la vostra, e gli occhi seguiranno quel telaio di fessure, ridisegnando le acque lustrali di una sapienza materna.

             

 CORO

 

Per le anime è morte divenire acqua

e per l’acqua è morte divenire terra.

 

Cantate, o donne dal volto coperto,

cantate la liturgia dei sordomuti.

 

Ditemi se le salme rivestite

veglieranno le nostre impiccate.

 

Negli edifici della violenza,

secoli e secoli bisbiglieranno

una vendetta farneticata.

 

 

 

 

                               

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