Edipo a Colono

Da Sofocle

Adattamento e regia di Sergio Porro

Aiuto alla regia di Fabio Tagliabue

Realizzazione di Osvaldo Ballabio, Liliana Concordati, Giuseppe Fratus, Rocco Paternò, Peppo Peduzzi, Vania Predebon, Piero Rinaldini, Fiorella Rovagnati, Elio Tagliabue

Foto di Ivan Ballabio

 

Cantù, Ronchetti Fratelli/lavorazione metalli arredamento, 6 marzo 1993

Milano, Teatro Out Off, 12-24 ottobre 1993    

   

Prologo:   Con la pietra stretta nella mano, batte con molto raccoglimento il fondo della pentola e lo fa rintoccare sordamente. Al terzo o al quarto rintocco, fa l'ingresso il secondo uomo... Entra una donna. Guarda intensamente il flauto che ha nelle mani... e, dopo aver trovato un angolo dove sedersi, inserisce nei suoni che ci sono nell'aria il  canto del suo flauto.

... Appare il sesto uomo. Fa un passo e si ferma.  Il suo braccio destro è teso in avanti e la mano stringe una corona spezzata. L'espressione del suo volto è intensa e fissa. Non mette in mostra la corona, ma lo impugna come una spada. Fa un altro passo e si ferma. Guarda fisso, intorno. Quando è fermo, appare immobile, gigantesco... Allo stesso modo, avanza il settimo uomo. Impugna un ferro arrugginito. Ripete i movimenti del sesto... E per ultimo, entra l'ottavo uomo. Stringe nella mano una corda...

La tragedia degli occhi:   Tutti gli uomini compaiono, in processione scomposta. Stringono nelle braccia un pesante sasso sferico. Ogni sasso porta raffigurato un occhio spalancato. Essi attraversano lo spazio dell'azione, avanzando lentamente. Parlano.  Invadono le file degli spettatori  e si muovono davanti ai presenti  per mostrare a tutti l'occhio di Edipo, pesante,  di pietra. La scena ha perfino un sapore religioso. Gli uomini  sono raccolti sopra gli spettatori e ognuno di loro racconta a chi gli sta davanti brandelli della vita di Edipo, del suo destino, dei suoi mesti ricordi tebani. Essi parlano contemporaneamente e, uno dopo l'altro, occupano i vari settori del pubblico. Ognuno si rivolge direttamente a chi gli è vicino e, dal momento che tutti parlano contemporaneamente in luoghi diversi, le voci creano una misurata confusione di suoni. Nella collettività questo vociferare fa pensare al lamento funebre. Ogni uomo, dopo aver detto i sui versi a una parte di spettatori, si sposta altrove per ricominciare. Così, di seguito, fino ad esaurimento di tutto il pubblico. Il primo uomo dice...

Il viaggio verso Colono:   I due arrivano vicino  all'altare del culto dei morti e qui fanno una sosta. Antigone guarda gli oggetti deposti.  Poi si rivolge al pubblico e dice:  "Ospite buono, a te ci abbandoniamo, noi desolati. Ti supplico per quanto hai di più caro: un figlio o un'idea, un oggetto o un dio". Il pastore, intanto, continua il suo canto: "Farò silenzio, ma tu guida il mio piede fuor dalla strada e dentro il bosco fammi sedere..." Alla fine del canto, tace e guarda tra la gente.  Vede Edipo e la figlia che completano il viaggio e,  stanchi,  si fermano davanti allo spazio d'azione. Qui Antigone prepara per lui un sedile di appoggio, usando i sassi raffiguranti il suo occhio. Poi, lo fa sedere. E lei, sempre premurosa, gli resta accanto. Gli uomini che lavoravano nei campi ora cessano e, restando fermi al proprio posto di lavoro, guardano a lungo il vecchio cieco appena arrivato nella loro città.  Sono perplessi e insieme ospitali. Tutti lo salutano rivolgendogli la parola. Ognuno ha qualcosa da raccontare all'ospite. Parla per primo colui che aveva cantato: "Straniero, sei capitato in una terra ricca di cavalli.  Per questo  tutti  la invidiano. Sei giunto a Colono, luogo verde di pascoli e biancheggiante per l'acqua..."

Cerimonie e sacrifici a Colono:   ... hanno inizio le offerte e le promesse propiziatorie. Un uomo porta un braciere e lo depone sopra l'altare del dio.  Un altro ha con sé una fiaccola e gli dà fuoco. Altri uomini preparano gli oggetti che dovranno essere offerti a Edipo per le cerimonie e per i suoi sacrifici personali. In particolare si vedono portare vicino al cieco  un'anfora contenente sabbia e un mastelletto contenente acqua. Una donna arriva e mette nelle mani di Edipo un rametto di lauro. Il vecchio,  sempre aiutato da Antigone,  percorre con le dita le foglie come per accarezzarle, o per riconoscerle.  Poi innalza l'alloro tendendo le braccia più in alto che può e, poco dopo,  lo depone sull'ara, vicino al fuoco. Un uomo ora gli porta ciuffi di lana appena tosata. Edipo la sente nelle mani, soffice e morbida. Sorride. Chiede ancora l'aiuto della figlia e, come ha fatto prima, alza la lana al dio per appoggiarla infine sull'altare. Un altro arriva con ossa di animali morti. Edipo li tocca a lungo e pare tremante.  E' evidente il ricordo di disgrazie passate, di uomini torturati come animali, della morte. La figlia lo guarda e gli accarezza la fronte e le guance. Tutti osservano in silenzio... L'uomo e la donna lasciano cadere un po' di sabbia nelle mani di Edipo che la sente e la sparge intorno a lui.  Così fanno anche i due offerenti: dall'anfora prendono ancora sabbia e si muovono rappresentando il gesto della semina. Un uomo mette le mani dentro il mastelletto e raccoglie dell'acqua...

La disputa di Teseo e Creonte:    E pochi si accorgono di un uomo che cammina in solitudine, e che porta nella mano una lanterna accesa. Quest'uomo va in giro dicendo: "Verrà un giorno in cui i Tebani distruggeranno  la pace di oggi..."...

... Una donna, arrivata allo spazio scenico prima degli altri, prende una grata di legno e lastre di ferro incrociate, come la finestra di una prigione.  Avanza a proscenio. Scruta, mette l'oggetto davanti al suo corpo, come un riparo, o uno scudo. Un altro uomo la raggiunge e si ferma all'altro lato del proscenio. Ha in mano un ferro pesante,  qualcosa come una clava  o un piede di porco... I due aspettano... Intanto anche gli altri si sono accorti di queste presenze incombenti e fanno silenzio. Ora tutto tace... La donna parla per prima: "Creonte, re di Tebe, si avvicina e con lui numerosi uomini armati". L'uomo dice: "Edipo, a Colono, ha trovato ospitalità. Noi gli abbiamo dato amicizia e assistenza.  Ma Creonte si avvicina e vuole strappargli le figlie". La donna dice: "Una delle figlie di Edipo è già  nelle sue mani. Tra poco egli cercherà di catturare anche l'altra"...

Il sogno di Eteocle e PoliniceLa lotta furiosa, inaspettatamente, cambia registro espressivo: da spietata si fa lirica, da atroce si fa poetica.  Si manifesta, lasciandosi analizzare fino in fondo, sempre al rallentatore e in profondo silenzio.  Eteocle e Polinice si danno colpi mortali, si avvinghiano in morse dolorose, si liberano allontanandosi per alcuni passi, si ritrovano in orrende tenaglie, così, fino alla fine. Essi cadono insieme, sorreggendosi, quasi avessero trovato la pace, dopo interminabili discordie. Brevi attimi di silenzio. La lotta è finita.  Finita è anche la scena al rallentatore... 

Tutti si avvicinano ai cadaveri dei due figli di Edipo e li guardano a lungo...

Antigone appoggia alla sua spalla la testa del padre. Lo guarda a lungo... e si sforza di portarlo lontano da questo sogno orrendo... Alla fine Edipo si toglie gli occhiali e punta gli occhi al cielo. Lungamente. Osserva nel cielo ciò che i suoi occhi non possono vedere...

 

La morte di Edipo. Un ultimo uomo avanza a proscenio e si siede.  Guarda gli spettatori e si prepara a parlare. Quest'uomo è un messaggero ed è venuto a raccontare ai presenti ciò che ha visto. Parla con estrema naturalezza. Con voce pacata dice: "Cittadini, se volessi dirvi tutto in breve / vi direi: Edipo è morto, / ma i prodigi avvenuti / mi spingono a fare un discorso più lungo. / Allorché si mosse / nessuno dei suoi cari lo guidava, / ma ci guidava lui. / Giunto alla soglia della rupe del dio, / là dove i gradini si fanno di bronzo / e nella terra si sprofonda, / sostò un poco, immobile, ma non per riposarsi..."  

    rientro

 

"... Di qua, dopo di me,  per questa strada  mi conducono Ermes, cara guida dei morti, e la dea sotterranea.  O luce, priva di luce, che un tempo fosti mia, oggi tocchi il mio corpo per l'ultima volta. Io vado a chiudere la vita, a nascondermi nell'Ade.  E tu,  il più amato tra gli amici,  tu e il tuo paese, tu e i tuoi uomini, siate felici. E nella pienezza della gioia, ricordatevi della mia morte, voi fortunati ..."

                       (Sofocle, Edipo a Colono, v. 1547 sgg.)